Le Terme Romane di Vasto sono famose soprattutto per i due grandi mosaici presenti. Sono stati rinvenuti, rispettivamente, nella prima campagna di scavo nel 1974, e nella seconda effettuata nel 1997.
Il primo mosaico, definito Mosaico Marino, ha un’estensione di circa 38 mq. Era già stato riportato alla luce negli scavi del 1828, per la sistemazione della zona attorno al convento di San Francesco, adibito all’epoca a sottoprefettura regia. All’epoca era stato poi nuovamente interrato, perché non era possibile scavare sotto il palazzo. Così si era deciso di lasciare ai posteri il compito di riportarlo alla luce.
Quando nel 1973, durante i lavori per la realizzazione dell’Arena delle Grazie, il mosaico venne riscoperto, lo stesso fu asportato dal sito e trasferito al Museo Archeologico di Palazzo d’Avalos. Nel 1997, in occasione della riapertura del sito dopo la seconda campagna di scavi, il mosaico venne restaurato e riportato alle Terme e ricollocato nella posizione originaria.

Il mosaico presenta una decorazione con elementi floreali che incastonano un originale assetto in ellissi e croci. Vi sono due croci centrali, raffiguranti cadauna due cavalli marini e due pesci. Ai loro lati sono disposte quattro ellissi recanti delfini e polpi.
Al centro del mosaico appare una tigre marina ruggente, con il collo crestato, la zampa destra sollevata e la coda di pesce. La vasca decorata dal mosaico, posta vicino ad un praefurnium che la riscaldava, era probabilmente un caldarium. Si tratta della vasca dove si prendeva il bagno caldo al termine del proprio percorso termale.
Il secondo dei due mosaici delle terme scoperto è invece quello detto del Nettuno.
Con i suoi 170 metri quadri, è il mosaico romano più esteso non solo delle Terme Romane di Vasto, ma anche di tutta la costa adriatica. Riportato alla luce durante gli scavi del 1997, non è completamente visibile perché una parte è tuttora coperta dalla sacrestia della chiesa di Sant’Antonio.
Il mosaico presenta una decorazione con intrecci di elementi vegetali stilizzati, che definiscono tredici zone a forma di quadrifoglio. Al centro del mosaico spicca la figura del Nettuno, che regge un tridente nella mano sinistra e un delfino nell’altra. Negli altri campi è possibile ammirare: tre Nereidi, di cui due sul dorso di cavalli e una di un drago, la coda di un delfino, tre tritoni, un amorino.
Sulla fascia destra del pavimento le decorazioni sono state danneggiate da scavi ottocenteschi eseguiti per la risistemazione dell’edificio della Sottointendenza borbonica (divenuta in seguito Sottoprefettura regia).
La vasca del Mosaico del Nettuno era molto probabilmente un frigidarium, conteneva cioè acqua fredda. Il vano infatti era troppo grande per poter essere riscaldato costantemente. Inoltre non è stato rinvenuto il “praefurnium” che avrebbe dovuto riscaldare l’acqua.
Entrambi i mosaici delle terme sono caratterizzati dall’inserimento di tessere bianche all’interno dei disegni in nero e dall’utilizzo di tessere color avorio.
Questa tipologia è presente in numerose pavimentazioni africane ma quasi sconosciuta in Italia. Questi elementi fanno supporre che i mosaici siano stati realizzati da maestranze non italiane, presenti a Histonium nella prima metà del II secolo d.C.